The Perfect Body tra social media e Body Positivity

Oggi i social network sono una vera e propria agorà virtuale, dove si discutono i temi più sensibili dell’attualità, e il cosiddetto ‘social change’ e le battaglie di Diversity&Inclusion trovano terreno fertile proprio nel mondo dei like, share, reel. Ma soprattutto attraverso la voce più o meno autorevole di influencer e creator, tanto che nel 2021 il valore del mercato dell’influencer marketing ha raggiunto 270 milioni solo in Italia. Sempre di più l’influencer è quindi chiamato a dire la sua con cognizione di causa, poiché esposto in prima persona a un pubblico esigente che chiede serietà e sincerità. Ma qual è il ruolo dell’influencer in merito alla Body Positivity? Ipsos, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (ONIM), ha realizzato un’indagine focalizzata proprio sul tema della Body Positivity e il ruolo di influencer e creator.

Le donne animano il dibattito

A differenza di altri topic contemporanei, come la sostenibilità o la lotta all’omotransfobia, dibattuti di frequente anche su media più tradizionali, il tema della Body Positivity trova il suo luogo elettivo di discussione sui social network (87%). Sono soprattutto le donne ad animare il dibattito: il 65% delle intervistate dichiara che la Body Positivity ha un peso rilevante all’interno dell’universo social.
La ricerca Ipsos ha però messo in luce una dicotomia. Da un lato, la coscienza sociale accoglie il movimento come una rivoluzione i cui valori sono condivisibili e positivi, dall’altro, la sfera individuale riflette la percezione di sé stessi e del proprio corpo che ancora ambisce alla bellezza stereotipata.

Gli influencer sono legittimati a parlare di Body Positivity? 

Si tratta di una duplicità che si risolve nell’accettazione del conflitto, dove entrambe le dimensioni possono coesistere ed essere gestite. Il tema è delicato e le scelte di comunicazione da parte di influencer e aziende devono essere il più possibile etiche nel loro stesso interesse.
Ma gli influencer sono legittimati a parlare di Body Positivity? Secondo l’80% del campione intervistato (il 90% tra gli appartenenti alla Gen Z) sì, ma a patto che lo facciano nel modo giusto, dimostrando autenticità e coerenza con il loro stile di vita. Pena la perdita di credibilità e la conseguente perdita di follower.

Il ruolo dei brand 

La genuinità dell’influencer si riverbera anche sulla immagine delle aziende che lo scelgono come ambassador. Anche il brand quindi deve risultare autentico nelle sue scelte evitando un approccio diBody washing. La scelta di un ambassador da parte di un‘azienda è delicata e strategica, soprattutto se si considera che il tema della Body Positivity funge da traino per l’interesse verso altri temi di ambito sociale, e meno su temi commerciali (lifestyle, abbigliamento e accessori, cosmetica).
Con o senza influencer e creator, nella narrazione i brand devono quindi sostenere l’accettazione delle diversità, delle varie tipologie di corpo, spostando il focus dall’accettazione delle imperfezioni all’accettazione/inclusione di tutte le diversità e dell’unicità di ogni persona.

Bollettino della Banca d’Italia: In Italia la crescita rallenta

Secondo il Bollettino Economico n. 1 del 2022 della Banca d’Italia la recrudescenza della pandemia e le strozzature dal lato dell’offerta pongono rischi al ribasso per la crescita in Italia. Alla fine del 2021 la ripresa economica dalla crisi causata dalla pandemia si è rafforzata negli Stati Uniti e in altri paesi avanzati, mentre nell’area dell’euro il prodotto ha decisamente decelerato. L’inflazione è ulteriormente aumentata quasi ovunque, e nell’area euro è al massimo dall’avvio dell’Unione monetaria, a causa degli eccezionali rincari energetici.

Le previsioni dell’Eurosistema indicano però un graduale rientro delle pressioni inflazionistiche nel corso dell’anno. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ritiene infatti che i progressi della ripresa economica, e quelli verso il conseguimento dell’obiettivo di inflazione, nel medio termine consentano una graduale riduzione del ritmo degli acquisti di attività finanziarie.

L’inflazione sale e risente dei rincari energetici

L’orientamento della politica monetaria resterà quindi espansivo, e la sua conduzione flessibile e aperta a diverse opzioni in relazione all’evoluzione del quadro macroeconomico. In ogni caso, in Italia la crescita ha rallentato, e l’inflazione risente dei rincari energetici.
L’inflazione è salita, sospinta appunto dalle quotazioni dell’energia, ma al netto delle componenti volatili resta moderata. E gli aumenti dei costi di produzione si sono trasmessi finora in misura modesta sui prezzi al dettaglio.
Sulla base dei modelli della Banca d’Italia, nel quarto trimestre del 2021 il Pil avrebbe registrato una crescita attorno al mezzo punto percentuale, in rallentamento rispetto ai due trimestri precedenti, caratterizzati da una forte espansione dell’attività.

Prosegue il recupero dell’occupazione

Al contempo, è proseguito il recupero dell’occupazione, le condizioni di offerta del credito restano distese, e la qualità degli attivi bancari si mantiene elevata.  Secondo le informazioni preliminari disponibili, nel 2021 l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche sarebbe sceso sia rispetto all’anno precedente sia rispetto alle ultime stime del governo. Anche il rapporto tra il debito e il prodotto avrebbe registrato una dinamica più favorevole delle attese. Di fatto, la manovra di bilancio per il triennio 2022-24 è espansiva. La crescita del Pil proseguirà nei prossimi tre anni, e l’inflazione nel medio termine si ridurrà.

Previsioni condizionate da pandemia, programmi di spesa e Pnrr

Il Pil recupererebbe intorno alla metà di quest’anno i livelli precedenti la pandemia. In media d’anno il prodotto aumenterebbe del 3,8% nel 2022 e a ritmi più bassi nel biennio successivo. I prezzi al consumo invece quest’anno salirebbero del 3,5% per i rincari dei beni energetici, che tuttavia si attenuerebbero gradualmente esaurendosi verso la fine dell’anno. L’inflazione si attesterebbe su valori moderati nel biennio successivo. Nel breve termine le previsioni sono connesse con l’evoluzione delle condizioni sanitarie e con le tensioni sul lato dell’offerta.

Nel medio termine, le proiezioni rimangono condizionate alla piena attuazione dei programmi di spesa inclusi nella manovra di bilancio, e alla realizzazione completa e tempestiva degli interventi previsti dal PNRR.

Frenano le richieste di mutui, ma l’importo medio supera 139.000 euro

Il 2021 è stato un anno particolare per i mutui, con richieste in calo ma importi erogati in aumento, e un mercato sostenuto dalle generazioni più giovani, grazie agli incentivi governativi e dai mutui green.
Nel 20021 il mercato dei mutui immobiliari sembra infatti ancora risentire degli effetti della pandemia. Malgrado il progressivo recupero delle compravendite residenziali e dei prezzi al metro quadro, nel complesso si registra una lieve flessione delle richieste, pari a -0,2% rispetto al 2020, anno in cui si era registrata una crescita del +2,8% rispetto al 2019. Secondo l’analisi sul patrimonio informativo di EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF, la performance negativa risente del calo delle surroghe, che hanno accentuato la contrazione dei volumi a causa del fisiologico ridimensionamento dei contratti per i quali la rottamazione risulta ancora vantaggiosa.

Importo medio in crescita del 4,1%

Se a dicembre 2021 le richieste di mutui presentate dalle famiglie italiane sono calate del -19%, seguendo un andamento in discesa iniziato a giugno, l’importo medio richiesto durante il 2021 si è attestato a 139.110 euro, in crescita del +4,1% rispetto all’anno precedente. Nel complesso quasi i 3/4 delle richieste presenta un importo al di sotto dei 150.000 euro, a conferma della propensione delle famiglie a orientarsi verso soluzioni in grado di pesare il meno possibile sul bilancio familiare.
La distribuzione per fasce di importo nel 2021 è risultata non molto differente rispetto all’anno precedente, con una contrazione delle richieste solamente nella classe inferiore ai 75.000 euro, dove tipicamente si concentrano i mutui di sostituzione.

Distribuzione per fascia di durata

A conferma della propensione delle famiglie a orientarsi verso soluzioni in grado di pesare il meno possibile sul proprio bilancio, nel 2021 oltre l’80% delle richieste di mutuo si è caratterizzato per una durata superiore ai 15 anni, in modo da spalmare il piano di rimborso su un arco temporale di lungo periodo. Una tendenza ulteriormente accentuate rispetto al passato, con una crescita proprio dei piani di rimborso di maggior durata. Analizzando la distribuzione delle richieste in relazione all’età del richiedente emerge poi un significativo abbassamento dell’età media.

I driver che hanno sostenuto la domanda da parte degli under 35

Se al primo posto per numero di richieste si conferma nuovamente la fascia compresa tra i 35 e i 44 anni, con il 32,4% del totale, tutte le classi mostrano una contrazione rispetto alla corrispondente rilevazione del 2020. A eccezione degli under 35, che stimolati dagli incentivi varati dal Governo, sono arrivati a spiegare il 30,5% del totale, contro il 27,5% dell’anno precedente. Tra i driver che hanno inciso positivamente sull’andamento della domanda, sicuramente vanno segnalati i mutui di ristrutturazione, e soprattutto, i mutui green per l’efficientamento energetico dell’abitazione, arrivati a spiegare l’8% sul totale dei mutui acquisto, e l’11% di quelli per ristrutturazione.

Il 2022 è l’Anno Internazionale del vetro: lo ha deciso l’Onu

Lo ha stabilito l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: l’anno appena iniziato sarà l’Anno Internazionale del vetro. Come si legge nella risoluzione delle Nazioni Unite (A/RES/75/279) “il 2022 sottolineerà il ruolo tecnologico, scientifico, economico, ambientale, storico e artistico del vetro nella nostra società, mettendo in luce le ricche possibilità di sviluppo delle tecnologie e il loro potenziale contributo per affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile e delle società inclusive, raggiungere la ripresa economica mondiale e ricostruire meglio dall’epidemia di coronavirus”.
Si tratta di una scelta che dà il via a un anno importante per tutta la filiera del vetro, un materiale antico, ma in grado di interpretare tutte le sfide della modernità, da quelle ambientali a quelle tecnologiche.

Un’occasione unica per sostenere la promozione del vetro

Per Assovetro, l’associazione nazionale degli industriali del vetro aderente a Confindustria, si tratta di un’occasione unica e irripetibile per sostenere la promozione del vetro, e in particolare, di tutta l’industria, in un anno speciale in cui cade anche il 75esimo anniversario della fondazione dell’associazione. E per celebrare l’Anno Internazionale del vetro, Assovetro sta programmando una serie di iniziative che si dipaneranno nel corso di tutto l’anno. Assovetro è un’associazione imprenditoriale di categoria senza scopo di lucro, costituita nel 1947 tra le aziende industriali italiane che fabbricano e trasformano il vetro. Le aziende aderenti sono attualmente 70, per un totale di circa 16.000 addetti.  

Una bella notizia offuscata dalle difficoltà causate dal boom dei costi energetici

“È una notizia molto gradita – ha dichiarato Graziano Marcovecchio, presidente di Assovetro -. Le parole della risoluzione sottolineano come il vetro abbia tutte le potenzialità per contribuire all’attuazione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Considerando i progressi compiuti per ridurre il consumo di energia le emissioni atmosferiche e altri impatti ambientali, le parole della risoluzione riconoscono appieno l’impronta ambientale del vetro. Purtroppo – ha sottolineato il presidente di Assovetro – questa bella notizia è offuscata dalle difficoltà che si sono abbattute sulle nostre industrie per il boom dei costi energetici, che possono mettere a rischio la stessa vita del settore”.

Un materiale riutilizzabile e riciclabile all’infinito

In ogni caso, riferisce Adnkronos, la sostenibilità del vetro, un materiale riutilizzabile e riciclabile all’infinito, è dimostrata dai dati. Nel 2020, l’anno della pandemia, il riciclo del vetro in Italia ha raggiunto una quota pari al 79% (l’anno precedente era il 77%), una percentuale ben al di sopra del target europeo del 75% fissato per il 2030. L’impegno dell’industria però è arrivare al 90%, agendo su raccolta, trattamento e riciclo.

Fatturazione elettronica: un fattore essenziale per la trasformazione digitale

Oltre il 46% delle Pmi italiane invia e riceve mensilmente tra 10 e 100 fatture elettroniche, e quasi il 40% ne riceve tra 100 e 1000. E gli interlocutori principali per oltre il 71% di chi la utilizza sono altre aziende, per il 17% privati cittadini, e quasi per il 12% la Pubblica Amministrazione. Secondo l’indagine diffusa da Aruba e Idc, il 46% delle aziende che non ha l’obbligo di fatturazione elettronica la utilizza ugualmente.  Questo perché per portare avanti il processo di trasformazione digitale delle imprese, più di 3 Piccole e medie imprese italiane su 4 ritengono essenziale la fatturazione elettronica.

Il livello di adozione della fatturazione elettronica tra le Pmi

Ma in che modo la fatturazione elettronica sta incentivando il processo di digitalizzazione del nostro Paese? La ricerca di Aruba e Idc ha indagato il livello di adozione della fatturazione elettronica tra le Piccole e medie imprese italiane, coinvolgendo un campione di 300 realtà nei diversi comparti, Industria, Commercio, Finanza, Servizi professionali, Servizi alla persona e Pubblica Amministrazione locale.
Dai dati emersi dall’indagine risulta che quasi il 75% delle aziende fino a 5 addetti considera la fatturazione elettronica essenziale per la digitalizzazione della propria azienda.
Un dato che sale all’83% tra le Pmi che contano tra i 6 e i 20 dipendenti, ovvero quelle che assicurano valori maggiori di fatture.

Un aiuto a creare cultura digitale tra le imprese

“I traguardi raggiunti in questi tre anni dalla fatturazione elettronica sono encomiabili – commenta Gabriele Sposato, Direttore Marketing di Aruba -. Come si legge nell’atto della Commissione Europea, l’Italia ha ‘pienamente conseguito’ gli obiettivi prefissati, riducendo i costi amministrativi delle imprese e consentendo loro un risparmio di tempo, spazio e sicurezza di archiviazione. Benefici riscontrati anche dalle Pmi italiane, che hanno compreso come la fatturazione elettronica stia aiutando a creare cultura digitale, e come, sempre più, si stia dimostrando uno strumento essenziale per monitorare in tempo reale il polso dell’economia italiana”.

Estendere l’adempimento anche alle partite Iva in regime forfettario

Aruba ricorda che in data 1° gennaio 2019, attraverso la Legge di Bilancio 2018, veniva esteso l’obbligo della fatturazione elettronica a tutti i soggetti in possesso di Partita Iva. A eccezione di quanti operavano in regime dei minimi e forfettario, riporta Adnkronos. Oggi manca solo il via libera dell’Europa per la proroga fino al 31 dicembre 2024 dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica, e per l’inclusione delle partite Iva in regime forfettario tra i soggetti a cui si potrà ora estendere l’adempimento.

Sono quasi 10mila le offerte di lavoro in turismo, ristorazione, gdo e retail

In questo scenario ancora incerto, con l’uscita dalla pandemia ancora lontana, ma allo stesso tempo con una previsione di minori restrizioni rispetto allo scorso anno, il mercato del lavoro sembra ottimista. Turismo e ristorazione infatti esplodono, con il 133% in più di offerte di lavoro sullo stesso periodo del 2020. Ripresa, crescita e consumi sono quindi le speranze che danno il via alla stagione invernale, che prevede l’impennata di acquisti per le festività natalizie, i weekend e le vacanze fra le nevi in hotel o resort, o i ritrovi con amici e parenti. I dati dell’osservatorio InfoJobs sulla ricerca di lavoro online per le professioni invernali confermano la ripartenza del settore turismo evidenziata già tra aprile e giugno 2021, con il +97% di offerte sul 2020. Ma anche commercio, gdo e retail sono in crescita, con il 2,4% in più di offerte.

Cercasi addetti alle pulizie e alla ristorazione, camerieri, baristi e cuochi

Nel periodo ottobre-novembre 2021 le offerte presenti sulla job board nei settori turismo e ristorazione e commercio, gdo e retail, tradizionalmente impattati dalla stagione invernale, si attestano infatti su quasi 10.000. Analizzando le offerte presenti sulla piattaforma, InfoJobs ha classificato le professioni più cercate nei due settori di riferimento. Al primo posto, in turismo e ristorazione, sono gli addetti alle pulizie, dal 2020 figure sempre più importanti in seguito alle nuove disposizioni di sanificazione da attuare nelle strutture turistiche e nella ristorazione. Al secondo posto, gli addetti alla ristorazione, seguiti da altre figure più specializzate e sicuramente chiave in questa stagione dell’anno: cameriere, barista e cuoco. Questi ruoli prevedono non solo competenze ed esperienze specifiche, ma anche la disponibilità a spostarsi, per il periodo dell’incarico, in Italia o all’estero.

Gdo e retail ricercano addetti alle vendite, Promoter, store manager, e macellai

In pole position per commercio gdo e retail si piazza la professione di addetto alle vendite, posizione ricercata in diverse categorie merceologiche, dal giocattolo a bellezza, moda e accessori, gioielleria e molto altro. Stessa situazione per la figura di Promoter, che occupa la seconda posizione, mentre al terzo posto ci sono gli store manager, responsabili della gestione di negozi o corner di grandi magazzini, fondamentali per gestire al meglio la stagione più importante dell’anno. Al quarto posto invece il macellaio, figura immancabile nei reparti gastronomia presi d’assalto a dicembre, per finire con addetti magazzino e scaffalisti in quinta posizione, impiegati per garantire rifornimento e gestire lo stock.

Dal facchino in hotel di lusso a Milano all’ausiliario della sosta in Val d’Aosta

Nonostante la stagione sia già iniziata. riporta Adnkronos,  nella gdo attualmente ci sono quasi 6500 offerte attive, ma è possibile trovare diverse posizioni la cui ricerca è ancora aperta, come il facchino in hotel di lusso a Milano, con esperienza pregressa e conoscenza dell’inglese, gli immancabili animatori turistici per villaggi in Italia e all’estero, la beauty consultant per beauty corner a Roma, ma anche addetti al confezionamento pacchetti, personale per un parco tematico nel veronese, e perfino un ausiliario della sosta in Val d’Aosta.

Le piccole e medie imprese vogliono assumere, ma mancano i profili tecnici

Pur nello tsunami del Covid-19, le Pmi italiane hanno dimostrato un’eccezionale resilienza. E non solo: hanno anche continuato ad assumere, cercando di attrarre personale e sviluppare competenze per gestire la trasformazione digitale che sta ridefinendo le tecniche produttive e le relazioni con i clienti. Fin qui, le buone notizie, che confermano l’ottima tenuta del sistema imprenditoriale nazionale. Però non mancano le criticità, prima fra tutte la difficoltà a reperire figure professionali con la giusta formazione tecnica. A rivelarlo è l’ultimo Market Watch Pmi di Banca Ifis, realizzato in collaborazione con Format Research su un campione rappresentativo di 500 aziende, secondo cui l’83% delle imprese dichiara di aver bisogno di assumere personale con nuove competenze. Un trend manifestatosi lungo tutto il triennio 2019-2021 che è confermato anche per i prossimi due anni. Accanto ai profili tecnici, sono ambiti quelli digitali e, in particolare, specializzati in tecnologie 4.0.

Mismatch tra domanda e offerta di competenze

Il report Market Watch Pmi di Banca Ifis individua un mismatch tra domanda e offerta di competenze che emerge con forza sul fronte delle conoscenze tecnico-digitali: il 58% delle aziende che reputa necessarie nuove skill in ambito produttivo non trova il personale ricercato, così anche per il 37% delle imprese che considera fondamentale la capacità di gestione delle tecnologie 4.0. Anche le abilità “soft” risultano difficili da incrociare, in particolare la flessibilità (40%), il problem solving e la capacità decisionale (entrambe al 37%), la gestione dello stress (35%). Quasi la metà delle aziende (48%) si affida al passaparola e alle relazioni territoriali per trovare le persone giuste, il 41% alle società di selezione del personale. Solo il 14% attiva collaborazioni con Università e Istituti Tecnici Superiori e il 6% si rivolge ai centri per l’impiego.

Le figure più richieste

In base ai dati emersi dal report, si scopre anche quali sono le figure più ricercate dalle piccole e medie imprese italiane. Il 59% delle Pmi dichiara di aver bisogno di nuove competenze legate alle tecniche di produzione specifiche per il proprio settore; il 28% di collaboratori in grado di gestire soluzioni digitali; il 26% di profili amministrativi e il 24% di soggetti specializzati nell’industria 4.0. Per l’8%, infine, sono necessarie risorse esperte nell’area Smac (social, mobile, analytics, cloud). Tra l’altro, avvisa ancora l’indagine, la richiesta di conoscenze specifiche continuerà anche nel futuro. Nel prossimo triennio, le figure esperte di tecniche produttive rimarranno le più ricercate (42%), seguite da quelle che possono contare su competenze digitali e 4.0 (entrambe al 39%).

Crimini informatici, aumentano gli attacchi che vanno a buon fine

In Italia gli attacchi informatici che vanno a buon fine sono in costante aumento, provocando danni a istituzioni, aziende e privati cittadini. È quanto emerge dall’ultimo rapporto sulle minacce informatiche dell’Osservatorio Cybersecurity di Exprivia, che tra luglio e settembre 2021 registra 273 fenomeni tra attacchi, incidenti e violazioni della privacy. Nel complesso i fenomeni sono in diminuzione (-2,5%) rispetto al trimestre precedente, ma le tecniche utilizzate dai cybercriminali sono in costante evoluzione, portando a segno 93 incidenti. In particolare, il numero degli attacchi si attesta a 166, mentre si rilevano 14 violazioni della privacy. Per queste ultime, in crescita del 40% rispetto al trimestre precedente, il Garante ha emesso circa sette milioni di euro di multe, dovute principalmente all’omessa o del tutto inesistente informativa sulla protezione dei dati personali e al loro utilizzo illecito.

Tra luglio e settembre 56% di attacchi andati a segno

“Dobbiamo tenere la guardia ancora molto alta nella difesa delle rete, in quanto in tutta Italia sta crescendo velocemente il rapporto tra incidenti e attacchi. Rispetto al primo trimestre dell’anno, infatti, quando andava a segno solo il 7% degli attacchi, tra luglio e settembre questo rapporto ha raggiunto il 56%, provocando danni sempre più gravi e irreparabili – commenta Domenico Raguseo, direttore Cybersecurity di Exprivia -. Dunque, dall’analisi emerge che da un lato gli attaccanti stanno mettendo in campo tecniche sempre più sofisticate, e dall’altro gli incidenti possono verificarsi anche a distanza di mesi, rendendo i sistemi vulnerabili per parecchio tempo”.

Il settore Software/Hardware registra il maggior numero di incidenti 

Nel terzo trimestre del 2021 il settore che ha registrato il maggior numero di incidenti è quello del Software/Hardware (34 episodi), quindi società ICT, di servizi digitali, piattaforme di e-commerce, dispositivi e sistemi operativi, che principalmente subiscono il furto di dati, come credenziali di accesso o informazioni sensibili. A seguire il settore Finance, dagli istituti bancari alle assicurazioni, alle piattaforme di criptovalute, con 19 casi, dove oltre al furto dei dati di carte di credito o accesso a conti bancari, si registra un aumento delle richieste di denaro. Nella PA, invece, sono stati registrati 14 incidenti, che hanno principalmente provocato ‘server interruption’, ossia l’interruzione dei sistemi informativi per bloccare l’operatività degli uffici pubblici.

Diminuisce il phishing ma aumentano i malware

Se da una parte i criminali diventano sempre più scaltri affinando le loro tecniche, dall’altra il lungo lavoro di cultura sulla cyber-sicurezza, un tema sotto i riflettori dall’inizio della pandemia, inizia a dare i suoi frutti. Decresce infatti del 19% rispetto al trimestre precedente l’utilizzo della tecnica del phishing: le persone prestano più attenzione a tutte le modalità di adescamento tramite e-mail ingannevoli o social network. D’altro canto si riscontra un notevole aumento (+22%) nell’utilizzo di malware come vettore di attacco per sottrarre informazioni sensibili, principalmente mediante lo spionaggio delle attività bancarie degli utenti.

La ripresa economica frena le richieste di credito, ma cresce l’importo medio

Nel terzo trimestre 2021 le esigenze di liquidità delle imprese diminuiscono del -18,8% rispetto al Q3 2020. Il consolidamento della ripresa economica con il conseguente aumento dei flussi di cassa ha quindi attenuato le richieste di credito da parte delle aziende, e dopo il picco del 2020 ne riporta i volumi ai livelli pre-Covid. Allo stesso tempo, si assiste a una crescita per l’importo medio richiesto. È quanto emerge dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF. In particolare, il trend in atto riguarda sia le società di capitali, che nel terzo trimestre dell’anno hanno fatto segnare un -13,5%, sia le imprese individuali, per le quali la contrazione è stata del -27,2%, in virtù della progressiva normalizzazione della situazione delle realtà particolarmente esposte agli effetti della pandemia.

Si consolidano le prospettive di crescita economica
“Analogamente a quanto rilevato anche nel precedente trimestre, anche nel terzo trimestre dell’anno si conferma il trend di rallentamento delle richieste di credito delle imprese, che hanno meno tensioni sul fronte della liquidità grazie al progressivo consolidamento delle prospettive di crescita economica – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. – La combinazione tra il miglioramento della congiuntura economica e gli effetti dei provvedimenti straordinari varati per minimizzare l’impatto della pandemia sull’economia reale, in primis le moratorie, hanno avuto un impatto significativo sul contenimento della rischiosità creditizia e questo ha favorito anche politiche di erogazione più distese”.

Robusta crescita per l’importo medio richiesto
Nell’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF si conferma anche il deciso incremento dell’importo medio richiesto (+20,5%), che nel terzo trimestre  si attesta a 103.701 euro. Si tratta di una decisa impennata rispetto al valore mediamente richiesto non solo nel 2020, ma anche negli anni precedenti. Complessivamente più di 5 richieste su 10 presenta un importo inferiore ai 20.000 euro, in funzione della preponderanza delle istruttorie riconducibili a micro e piccole imprese. Per quanto riguarda le imprese individuali, le richieste di credito presentano importo medio pari a 37.324 euro (+24,1% rispetto al corrispondente periodo 2020), mentre per le società di capitali l’importo medio richiesto ammonta a 138.206 euro (+14,6%).

L’andamento regionale delle richieste di credito dalle imprese
A livello regionale, nel terzo trimestre del 2021 si registrano contrazioni particolarmente significative delle richieste di credito soprattutto nelle Marche (-25%), Basilicata (-24,7%) e Liguria (-22,9%). Il Trentino-Alto Adige, invece, è la regione caratterizzata dall’importo medio più elevato (151.335 euro), seguita da Lombardia (111.003 euro) e Lazio (106.534 euro). All’opposto, l’ammontare più basso è stato riscontrato in Valle D’Aosta (43.598 euro), Sicilia (57.808 euro) e Sardegna (66.560 euro).

eCommerce, dati in salita: ritmo più veloce del pre-Covid

La crescita non si ferma, sebbene le modalità siano leggermente diverse rispetto all’epoca pre-Covid : l’eCommerce B2C in Italia non sembra conoscere battute di stop. Da un lato gli acquisti di prodotto continuano ad aumentare, sebbene con un tasso più contenuto (+18%) rispetto a quello dello scorso anno (+45%), e toccano i 30,5 miliardi di euro. Dall’altro gli acquisti di servizio, dopo la crisi del 2020, segnano una ripresa (+36%) e raggiungono gli 8,9 miliardi di euro. Rimane però ancora significativo il divario rispetto al 2019 quando il comparto valeva 13,5 miliardi. Sono alcuni dei dati contenuti nell’Osservatorio eCommerce B2C, giunto quest’anno alla sua ventunesima edizione e come sempre condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm.

La pandemia ha cambiato profondamente le abitudini

“La pandemia ha trasformato i comportamenti, il mindset e le preferenze dei consumatori nei confronti degli acquisti online, generando cambiamenti che sono destinati a radicarsi e permanere” ha detto Roberto Liscia, Presidente di Netcomm . Se pensiamo che prima dell’emergenza sanitaria, il 70% dei rivenditori e grossisti non fosse organizzato per le vendite online, mentre nel 2020 l’e-commerce a livello europeo ha raggiunto il valore di 757 miliardi di euro, con una crescita del +10 rispetto al 2019, si comprende quanto l’emergenza sanitaria abbia segnato una vera e propria esplosione del commercio online, mettendo in luce l’importanza della trasformazione digitale che ha stimolato produttori, retailer e l’intero settore del commercio al dettaglio ad aprire nuovi canali di vendita online per adottare nuove soluzioni di commercio omnicanale”.
“Oggi l’eCommerce viene scelto in modo consapevole per gli acquisti quotidiani da un numero crescente di italiani” ha aggiunto Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c “Nel 2021 l’incidenza dell’eCommerce B2c sul totale vendite Retail, indice della maturità online, raggiunge il 10% (era il 9% nel 2020). Nella sola componente di prodotto la penetrazione passa dal 9% nel 2020 al 10% nel 2021 (+1 punto percentuale rispetto al 2020), con un incremento più contenuto rispetto a quello osservato tra 2019 e 2020 (+3 punti percentuali). Nel 2021, aumenta anche l’incidenza della componente servizio che passa dal 10% all’11%”. 

Senza l’emergenza sanitaria i numeri sarebbero ancora maggiori

Ma quale sarebbe stato il valore dell’eCommerce italiano senza la pandemia? In base ai calcoli dei ricercatori, che hanno applicato per il 2020 e 2021 il tasso di crescita medio annuale nel periodo 2016-2019, il valore degli acquisti eCommerce avrebbe raggiunto i 36,6 miliardi di euro nel 2020 (rispetto ai 32,5 miliardi effettivamente registrati) e di 42,9 miliardi di euro nel 2021 (rispetto ai 39,4 miliardi registrati). Senza il Covid-19, quindi, il mercato online avrebbe chiuso il 2021 con 3,5 miliardi di euro in più, soprattuto perchè non ci sarebbe stato il “crollo” del comparto del Turismo e Trasporti.